Il videogame, oltre a quello ludico, può avere anche un contenuto educativo e può aiutare l crescita del bambino. Può essere uno strumento eccezionale per mettersi alla prova e per socializzare.
È possibile scegliere tra diverse categorie di giochi
Sul mercato esistono diversi videogiochi che spiccano per carattere educativo ed insegnamenti positivi. Le case produttrici hanno fatto uno sforzo importante per venire incontro alle esigenze dei più piccoli e per fornire loro strumenti assolutamente eccezionali per modernità e intuitività. Spiccano i “brain games”, giochi che stimolano la riflessione, l’elaborazione mentale, con livelli gradualmente più difficili. Linfa vitale per un soggetto in costante crescita, con un prodotto calibrato per ogni singola esigenza: “Recenti ricerche dimostrano che i videogames possono essere un passatempo benefico per bambini e ragazzi. I dati, relativi alla popolazione americana, riferiscono che circa il 97% dei bambini gioca almeno qualche volta a giochi elettronici e che il 65% di loro lo fa in compagnia di altri, rendendolo una preziosa esperienza di socializzazione. Inoltre, anche se non vi è carenza di giochi violenti e sanguinosi sul mercato, la stessa ricerca ha rilevato che i giochi più popolari tra i minori riguardano puzzle, sport o gare”. (Luca Mazzucchelli, Videogiochi: 7 studi scientifici ne esplorano le potenzialità, “psicologo-milano.it”, 14 novembre 2015).
Le varie console dispongono di sistemi di controllo parentale e dal 2000 vige in Italia il sistema di classificazione PEGI [Pan European Game Information, NdR], etichette apposte ai videogiochi in grado di orientare i genitori nell’acquisto dei videogame adatti alla fascia d’età dei figli.
I videogiochi sono un prodotto dell’attuale cultura digitale, uno strumento tecnologico, una forma di narrazione e di creatività insopprimibile, poiché propria del nostro tempo. “Noi crediamo […] che il settore dei videogiochi possa dare un contributo rilevante per lo sviluppo del Paese”, ha affermato Andrea Persegati, presidente di AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani).
Educativi e utili per il fisico, i giochi elettronici posseggono diverse caratteristiche positive, nonostante le critiche: “Svolgendo una ricerca sulla documentazione esistente, troverete ben poche prove, qualora esse esistano, a favore delle proteste degli allarmisti, e molte prove evidenti contro tali affermazioni. In effetti, studi sistematici hanno dimostrato che i giocatori abituali di videogiochi sono – quanto meno – fisicamente più in forma, meno soggetti all’obesità, spesso amanti del gioco all’aperto, più implicati socialmente, più adattati alla società, e più civili rispetto ai loro coetanei che non giocano” [TdR] (Dimitri Williams, “Who plays, how much and why? Debunking the stereotypical gamer profile”, Journal of Computer-Mediated Communication, vol. 13, n. 4, luglio 2008, pp. 993-1018, consultato il 10 giugno 2017 su “ingentaconnect.com”).
I videogiochi violenti non aumentano l’aggressività
Alcuni studi sostengono che i videogiochi violenti causino un aumento dell’aggressività nel giocatore (Cfr. Nicholas Carnagey, Craig Anderson, Mike Ferlazzo, ISU psychologists produce first study on violence desensitization from video games, “public.iastate.edu”, 24 luglio 2006), è tutto da dimostrare, invece, se tale aggressività si trasformi, di fatto, in violenza reale e compiuta.
Una parte dell’opinione pubblica poi, condanna a priori tutti i videogiochi, considerati senza distinzioni violenti e negativi per la crescita dei più piccoli. In realtà, anche su questo sussistono voci contrastanti che provengono dal mondo della psicologia: “Lowenstein sostiene il fatto che giocare a videogiochi violenti non porti persone ad essere necessariamente violente. Una persona che gioca a ‘Surgeon Simulator’ non diventerà necessariamente un chirurgo, come chi gioca a ‘Cooking mama’ non diventerà uno chef famoso. Così, anche chi gioca a videogiochi violenti non diventerà un serial killer professionista. Ci sono dei rari casi in cui chi gioca a videogiochi violenti poi sia anche maggiormente aggressivo col mondo esterno, però questo potrebbe dipendere da molti fattori, come la personalità e la capacità cognitiva dell’individuo stesso. Heins sostiene addirittura che videogiochi violenti potrebbero costituire una valvola di sfogo per tutti, per cui è molto meglio compiere atti di violenza tramite un videogioco che nella vita vera, addirittura favorendo la violenza nei videogiochi!” (Violenza nei videogiochi: dibattito pro e anti violenza, “nerdmonday.it”, 11 giugno 2015).
Secondo il prof. Brad Bushman, della Ohio State University, e il dott. Jodi Whitaker, dell’Università dell’Arizona, “generi di videogiochi ‘rilassanti’ […] possono produrre nel giocatore esperienze positive, rendendolo oltretutto più felice e più incline a sviluppare comportamenti pro-sociali” (Vincenzo Cammareri, I videogiochi e i loro effetti sul comportamento. Giocare ci può rendere violenti ma anche felici e altruisti, “Psicotecnologie”, 30 giugno 2011).
Thalita Malagò, segretario generale di AESVI, intervenuta in merito alle polemiche seguite alla lettera che la ex vicepresidente della XII Commissione (Affari Sociali) della Camera, Ilaria Capua, ha inviato all’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel gennaio 2015, in merito al legame fra videogiochi violenti e aggressività, sostiene che, stando alle analisi della Swedish Media Council, “il legame fra videogame e violenza sia contrario alla vulgata: una persona che abbia già una predisposizione all'aggressività (per cause sociali e psicologiche) preferirà videogiochi a tema violento, ma il legame causale fra videogiochi e comportamento aggressivo è privo di ogni fondamento” (Videogiochi e violenza, il legame non è fondato, “Ansa”, 3 marzo 2015).
Videogiochi violenti e criminalità
Si parla poi di una connessione tra l’aumento della criminalità e l’uso di particolari tipi di videogiochi ma anche qui, si tratta di accuse che non trovano fondamento in studi scientifici: “ribadire come l'ampio numero di studi dedicati all'argomento non dimostri alcuna relazione diretta fra la brutalità e la fruizione dei videogiochi, ci pare cosa doverosa. Da ripetere spesso e volentieri, ad amici e parenti tutti. Alla faccia dei giornalacci che da noi urlano allo scandalo giusto per imbrattare qualche pagina e senza nemmeno avere una Rifle National Association - o un Joe Biden - a giustificarne la parzialità prona” (Emilio Cozzi, Videogiochi violenti, fra leggende e realtà – editoriale, “eurogamer.it”, 9 giugno 2013).
Uno studio condotto da alcuni ricercatori della Villanova University e della Rutgers University degli Stati Uniti (Patrick M. Markey, Charlotte N. Markey, Juliana E. French, Violent Video Games and Real-World Violence: Rhetoric Versus Data, “researchgate.net”, gennaio 2014), che aveva come obiettivo quello di verificare se esistesse una correlazione tra i videogiochi violenti e il numero di crimini violenti, ha rivelato una sorta di effetto catartico dei videogiochi violenti, stabilendo “come esista una correlazione inversa tra il numero di crimini commessi e l’uso di videogiochi violenti: secondo i dati ottenuti infatti, ad un aumento del consumo di videogiochi volenti, corrisponderebbe una riduzione di crimini violenti nei 6 mesi successivi alla pubblicazione del videogioco. La spiegazione di questo fenomeno non ha riscontri nella ricerca, ma gli studiosi suggeriscono di poter ipotizzare che l’uso di videogiochi violenti possa funzionare, per chi ne fruisce, come uno strumento catartico: potendo canalizzare l’aggressività nel mondo virtuale, gli utenti sarebbero portati a non farlo nella vita di tutti i giorni. L’altra ipotesi fatta, ha portato i ricercatori a pensare che i 6 mesi successivi all’uscita di un nuovo videogioco, siano quelli usati dagli acquirenti per giocare, stando in casa davanti alla loro consolle e non per le strade, a commettere un reato criminoso o violento” (Antonio Ascolese, Videogiochi violenti e comportamenti aggressivi: esiste un legame?, “stateofmind.it”, 14 marzo 2016).
Tuttavia, è necessario trovare il giusto equilibrio in tutto, come confermato anche da Don Tapscott, docente in Management presso l’Università di Toronto ed economista canadese: “I ragazzi dai 2 ai 22 anni vedono l´elettronica e gli oggetti elettronici come una parte naturale del paesaggio. Per loro, quello che c´è dentro un televisore, che sia immagine o videogioco, non è nulla di più inquietante rispetto ad un frigorifero. Quindi giocare fa bene? E´ un’attività stimolante e intelligente se non diventa, come ogni altra cosa, l´unica e la sola” (Videogames: pro o contro?, “spaziodonna.com”, consultato il 10 giugno 2017).
“Daphne Bavelier e C. Shawn Green dell’Università di Rochester hanno […] riscontrato come alcuni giochi, persino quelli piuttosto violenti, contribuiscano al miglioramento delle capacità percettive e dell’attenzione, mentre i videogiochi ‘pro-socialità’ si dimostrano col tempo più che benefici sotto il profilo comportamentale, a dimostrazione del fatto che, con la giusta scelta di contenuti, il gioco può insegnare molto più di quanto ci si auguri” (Annalisa Di Branco, Videogames: i pro e i contro, “nextme.it”, 30 dicembre 2011).
Claudio Alessandro Colombrita, 27 giugno 2017
Autori citati:
Mazzucchelli Luca
- vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia
Persegati Andrea
- presidente di AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani)
Williams Dimitri
- Annenberg School for Communication, University of Southern California
Bushman Brad
- docente di Comunicazione di Massa presso l’Ohio State University
Whitaker Jodi
- docente presso il Dipartimento di Comunicazione dell’Università dell’Arizona
Markey Patrick M.
- Dipartimento di Psicologia dell’Università di Villanova (USA)
Markey Charlotte N.
- Dipartimento di Psicologia dell’Università Statale Rutgers del New Jersey
French Juliana E.
- Dipartimento di Psicologia, Università Statale della Florida
Malagò Thalita
- segretario generale di AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani)
Cozzi Emilio
- giornalista
Di Branco Annalisa
- giornalista
Tapscott Don
- docente in Management presso l’Università di Toronto ed economista canadese
La violenza è presente in gran parte dei videogiochi e rappresenta il vero tallone d’Achille di questo mercato. Comportamenti aggressivi e disprezzo della vita possono essere costanti in chi gioca spesso con giochi particolarmente cruenti.
La maggior parte dei videogiochi contengono azioni violente, influenzando negativamente i giocatori più piccoli
Videogames e violenza, un binomio indiscutibile, se pensiamo a certe saghe particolarmente cruente. È necessaria particolare attenzione da parte dei genitori nel seguire le direttive indicate dalla classificazione PEGI [Pan European Game Information, NdR] quando si effettua un acquisto, poiché il digital divide fra genitori e figli rende in alcuni casi difficoltoso individuare i videogiochi giusti per i propri figli, come segnalato anche da Ilaria Capua, ex vicepresidente della XII Commissione (Affari Sociali) della Camera, che, nel gennaio 2015, ha inviato una lettera all’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi in merito al legame fra videogiochi violenti e aggressività.
Esistono diversi studi che confermano il connubio tra videogames e violenza, un pericolo per i più piccoli, in una fase dello sviluppo particolarmente importante: “Se siete ancora incerti circa la possibilità che i videogames possano avere un effetto positivo sulla vostra vita, non siete soli. Una rassegna di 130 studi suggerisce l’ipotesi che i videogiochi violenti possano aumentare l’aggressività e diminuire l’empatia. Craig Anderson, del Centro per lo studio della violenza alla Iowa State University di Ames, riferisce che vi sono prove che questi giochi conducano allo sviluppo di aggressività e violenza (Anderson et al., 2010). Di tutt’altra opinione è, ad esempio, Christopher Ferguson della Texas A & M che invece riporta che gli effetti negativi dei videogiochi violenti sono generalmente molto contenuti (Ferguson & Kilburn, 2009). Insomma, la ricerca in questo ambito non ha ancora raggiunto risultati conclusivi. Detto tutto ciò, è importante ricordare che i videogiochi, come potenzialmente qualsiasi altra cosa, possono condurre anche ad un uso problematico. Per ottenere il massimo dei benefici riportati sopra, è necessario utilizzarli in modo consapevole e con la doverosa moderazione” (Luca Mazzucchelli, Videogiochi: 7 studi scientifici ne esplorano le potenzialità, “psicologo-milano.it”, 14 novembre 2015).
Un’analisi necessaria è quella sulla percezione della violenza sullo schermo da parte dei videogiocatori più piccoli, riescono infatti a distinguere violenza simulata e violenza reale? Data la tenera età, appare condivisa la teoria secondo la quale essi non riescano ad effettuare tale tipo di distinzione, con tutti i rischi del caso per la propria salute: “Da ricerche è emerso che chi gioca con videogames violenti diventa meno sensibile alla violenza presente nel mondo reale” (Videogiochi pro, contro, forse, “02web.it”, consultato il 6 giugno 2017). È ciò che rileva, in particolare, lo studio di alcuni psicologi della Iowa State University (Cfr. Nicholas Carnagey, Craig Anderson, Mike Ferlazzo, ISU psychologists produce first study on violence desensitization from video games, “public.iastate.edu”, 24 luglio 2006). Tale ricerca dimostra come l'esposizione a videogiochi violenti aumenti pensieri e comportamenti aggressivi, rabbia e porti una diminuzione di comportamenti di aiuto verso il prossimo. Precedenti studi hanno dimostrato che più dell’85% dei videogiochi hanno contenuti violenti e circa la metà dei videogiochi contiene azioni di violenza grave (Ibidem, TdR).
Educazione alla violenza e all’immoralità
Rischi per la salute e per il comportamento, con un’identificazione nel personaggio violento sempre più comune. Commettere violenze nel gioco per superare livelli e andare avanti, tutto risulta essere quasi naturale, in una commistione tra gioco e realtà pericolosa e controproducente: “Gli psicologi Anderson e Gentile hanno sottolineato tale identificazione, sottolineando anche alcuni aspetti negativi per la saluta, tra cui l’aumento vertiginoso del battito cardiaco e della pressione, soprattutto davanti a giochi horror e violenti. Aumentando il battito aumenta anche l’identificazione e l’assorbimento di comportamenti violenti” (Violenza nei videogiochi: dibattito pro e anti violenza, “nerdmonday.it”, 11 giugno 2015).
Uno studio condotto da ricercatori della Iowa State University, negli Stati Uniti e da alcuni colleghi del Nationale Insitute of Education di Singapore (Douglas A. Gentile, Dongdong Li, Angeline Khoo e altri, Mediators and Moderators of Long-term Effects of Violent Video Games on Aggressive Behavior. Practice, Thinking, and Action, “Jama Pediatrics”, maggio 2014) durato tre anni ed effettuato su oltre 3.000 bambini di entrambi i sessi dagli 8 ai 17 anni di età, dimostra che “i bambini che giocano con i videogames a contenuto violento diventano aggressivi, più ostili e violenti. Gli effetti si accumulano poco a poco e persistono negli anni perché agiscono sui meccanismi cognitivi” (Bambini diventano aggressivi con videogiochi violenti, “Ansa”, 25 marzo 2014).
E' necessario mantenere l’equilibrio e non agire attraverso un mero proibizionismo dei videogames: “Fino a 3 anni, infatti, è sconsigliabile che i piccoli utilizzino giochi digitali, dal momento che il loro sistema neurologico non è ancora completamente formato. In seguito, si deve procedere con buon senso, tenendo conto anche del grado di sviluppo del singolo soggetto. La valutazione, insomma, deve essere fatta da ogni genitore in funzione di ciascun caso, ricordando però che i giochi digitali possono rappresentare un grande vantaggio a patto che siano concepiti in modo da ampliare le conoscenze di chi li usa. La fantasia dei bambini piccoli è molto accentuata: crescendo può essere mantenuta e perfino incrementata, purché stimolata nel modo corretto” (Giochi digitali, pro e contro, “guidagenitori.it”, 4 febbraio 2011).
La violenza alimenta la violenza e confrontarsi con episodi cruenti non può di certo agevolare la crescita dei bambini: “Uno studio dell’Università del Missouri, in cui alcuni bambini sono stati invitati a giocare con dei videogiochi per 25 minuti, ha evidenziato come i videogiochi violenti desensibilizzano il cervello alle immagini ‘crude’ e inducono comportamenti aggressivi. Soprattutto nel periodo della preadolescenza, l’esposizione ripetuta alla violenza presente in questi strumenti esercita un’influenza significativa, perché va a rinforzare ed incrementare quei sentimenti, quelle cognizioni e quei livelli di attivazione correlati all’aggressività che il giovane già vive di per sé”. (Angela Cannito, I videogiochi: alleati dei bambini o rischiosi per la loro salute?, “crescita-personale.it”,consultato il 6 giugno 2017).
“Oggi invece la gente gioca a titoli come GTA, Metal Gear, Battlefield o The Last of Us, molto più seri e impegnativi ma anche (purtroppo) molto più violenti e vicini alla realtà, ispirando i gamers più sensibili e influenzabili caratterialmente ad imitare eroi e situazioni videoludiche anche nella realtà: omicidi, risse, spari, rapine, lotte corpo a corpo, salti impossibili e guide spericolate sono alcuni esempi di come la gente si cacci nei guai dopo averle vissute sulla console di casa, volendo viverla realmente a discapito della propria incolumità e quella degli altri” (I videogames influenzano la nostra vita, nel bene e nel male, “varesenews.it”, 20 febbraio 2014).
“Da una ricerca australiana dedicata principalmente sull’impatto dei videogiochi sul cervello dei bambini è emerso che il videogioco è violento può portare allo sviluppo di aggressività, ostilità o insensibilità e perdita di empatia. La ricerca è stata condotta da Kate Highfield, dell’Istituto per la prima infanzia dell’università Macquarie di Sydney, e ha rilevato che l’85% delle applicazioni comprate per i bambini sono solo giochi di “comportamentismo”, che chiedono di ripetere un’azione o di ricordare semplici fatti. Tali compiti semplici e ripetitivi conducono a uno sviluppo neuronale di più basso livello” (I videogiochi ripetitivi possono causare ritardo nello sviluppo dei bambini, “eticamente.net”, 9 ottobre 2013).
Inoltre, da uno studio italiano del 2012 (Alessandro Gabbiadini, Luca Andrighetto, Chiara Volpato, Does exposure to violent video games increase moral disengagement among adolescents?, “Pubmed”, ottobre 2012) i videogiochi violenti, oltre ad aumentare la tendenza all’aggressività, possono indebolire il giudizio morale dei giocatori, anche fuori dal gioco, attivando una sorta di disimpegno morale [TdR].
Autori citati:
Capua Ilaria
- virologa ed ex vicepresidente della XII Commissione (Affari Sociali) della Camera
Anderson Craig
- docente di psicologia e direttore del Dipartimento di Psicologia dell’Università Statale dello Iowa
Carnagey Nicholas
- ricercatore indipendente in Psicologia Sociale
Ferlazzo Mike
- Communications specialist presso la Iowa State University
Gentile Douglas
- psicologo
Mazzucchelli Luca
- vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia
Cannito Angela
- psicologa
Gabbiadini Alessandro
- docente di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso Università degli Studi di Milano-Bicocca
Andrighetto Luca
- docente presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Genova
Volpato Chiara
- docente di Psicologia Sociale presso la Facoltà di Psicologia dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca