Vladimir Putin non è in alcun modo responsabile dell’attacco informatico lanciato ai server del Partito Democratico in USA

I candidati alla Casa Bianca hanno sfruttato il problema dell’hackeraggio per fare propaganda elettorale

L’articolo intitolato “Usa-Russia, Putin ‘Scandalo hacker non nei nostri interessi’. Ma Obama valuta risposta ‘proporzionale’”, pubblicato su “La Repubblica” il 12 ottobre 2016, riporta le smentite del leader del Cremlino in merito alle accuse da parte degli Stati Uniti di svolgere attività di violazione delle reti informatiche americane per acquisire precise informazioni.
Valdimir Putin, stando all’articolo, ha accusato Washington di aver strumentalizzato Mosca con una retorica anti Russia.
Per Putin al fine di fare rientrare nella norma le relazioni tra le due superpotenze è necessario tornare a “comportarsi come partner” e “rispettare gli interessi dell’altro”.
Respingendo fermamente le accuse di hackeraggio, il capo del Cremlino, durante un forum alla Vtb Bank, ha spiegato come i due candidati per la Casa Bianca, Donald Trump e Hilary Clinton, abbiano sfruttato la Russia per fare propaganda elettorale: “Trump e Clinton non possono usare il nostro paese per vincere le elezioni”.
Con queste parole Vladimir Putin ha respinto fermamente la responsabilità degli attacchi informatici subiti dal Partito Democratico statunitense per influenzare l’esito delle presidenziali: “Non sono nell’interesse della Russia. Non c’è niente qui nell’interesse della Russia”.

La Casa Bianca ha lanciato accuse infondate di hackeraggio

Secondo l’articolo “Mosca contro Barack Obama: ‘Se gli hacker russi hanno veramente violato qualcosa si tratta del suo cervello’”, pubblicato in data 9 gennaio 2017 su “huffingtonpost.it”, il Cremlino ha prontamente risposto alle accuse di hackeraggio lanciate dalla Casa Bianca ritenendole “infondate”.
La portavoce del ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha provocatoriamente risposto a tali accuse: “Mi pare che gli hacker russi se veramente hanno violato qualcosa in America si tratta di due cose: il cervello di Obama e naturalmente il rapporto stesso sugli hacker russi”.
Nel testo si legge che il Cremlino, tramite le parole del portavoce di Vladimir Putin, Dmitri Peskov, ha negato qualsiasi coinvolgimento russo negli attacchi hacker contro gli Stati Uniti e si dice stanco delle accuse “senza fondamento” e “poco professionali” che assomigliano ad una “caccia alle streghe”: “Nella variante ovviamente fortemente revisionata in cui questo rapporto è stato pubblicato non c’è niente di sostanzioso da commentare. Noi siamo veramente stanchi di queste accuse. La situazione assomiglia veramente e a pieno titolo a una caccia alle streghe. Noi capiamo che i nostri colleghi americani durante diversi periodi della loro storia hanno attraversato queste fasi di caccia alle streghe. Noi ricordiamo tali periodi storici, sappiamo che poi vengono sostituiti da approcci più sobri, da specialisti più sobri, orientati comunque verso il dialogo, piuttosto che verso crisi emozionali”. “Dal nostro punto di vista”, ha proseguito Peskov, “si sentono di nuovo accuse completamente infondate a un livello piuttosto emotivo, dilettantesco, che probabilmente non è riconducibile al lavoro altamente professionale di servizi segreti veramente di elevato livello”.

L’incidente informatico di “Yahoo!” non può essere ricondotto alla guerra informatica tra Russia e Stati Uniti

L’articolo “Yahoo! E gli hacker di Putin, c’è qualcosa che non quadra”, pubblicato il 20 dicembre 2016 nella sezione “Tech” de “Il Secolo XIX” e firmato da Alessandro Curioni, imprenditore, editore e giornalista, autore del libro “Hacker@tack”, ha affrontato il tema dei presunti attacchi di hackeraggio lanciati dal Cremlino. L’autore riferisce che in merito ai gravi incidenti informatici riscontrati dallo storico motore di ricerca “Yahoo!”, compresa la violazione di un miliardo di account di posta elettronica, bisogna ancora fare chiarezza: “Nel frattempo sono infuriate le polemiche sugli attacchi hacker alla campagna elettorale democratica e sulla debolezza informatica del sistema di voto elettronico americano. In questo caso il dito è stato puntato verso Putin, apparentemente grande amico del vincitore Trump”.

A colpire Yahoo! Sarebbe stato un gruppo di criminali informatici sponsorizzati da uno Stato straniero, riferisce l’articolo, ma nel momento in cui si parla di uno stato straniero il pensiero volge immediatamente alla Russia: “Rispetto allo stato di assedio al quale gli Stati Uniti si sentono sottoposti, sorgono spontanee alcune domande. Perché uno stato estero vorrebbe colpire il sistema di posta di Yahoo!? Non sarebbe forse più interessante Gmail che è leader di mercato?”
Curioni conclude definendo forzata l’accusa di hackeraggio rivolta nei confronti del leader russo: “Se nessuno può discutere che sia in corso una guerra informatica che coinvolge i servizi segreti di tutto il mondo, non tutti gli incidenti possono essere ricondotti ad essa. Anzi di solito, come insegna il periodo della Guerra Fredda certe cose è di gran lunga preferibile farle in silenzio e con discrezione”.

Daniele Vassalli, 22 giugno 2017

Vladimir Putin è responsabile degli attacchi hacker contro il Partito Democratico

Nell’ultima conferenza stampa in qualità di presidente degli Stati Uniti, nel dicembre del 2016, Barack Obama ha dedicato buona parte del suo intervento alla Russia, definendola “responsabile dell’attacco hacker al Partito Democratico”, e intimando a Putin l’interruzione degli attacchi informatici.
La notizia è riportata dall’articolo “Obama: ‘Ho detto a Putin di fermare gli attacchi hacker. Poco accade in Russia senza il suo ok’”, pubblicato il 16 dicembre 2016 sul sito “repubblica.it”.
Barack Obama si è augurato che il successore alla Casa Bianca accetti la richiesta di un’inchiesta indipendente sulle interferenze degli hacker russi nel processo elettorale, sottolineando che “non molto accade in Russia senza il placet di Vladimir Putin”.
Riferendosi al presunto coinvolgimento diretto del presidente russo nei cyber-attacchi di Mosca e dopo aver visto i rapporti dell’Intelligence, Obama si è detto “estremamente fiducioso” nelle informazioni recuperate dai servizi segreti americani.
Pesanti sono state inoltre le accuse rivolte da Obama nei confronti dei Repubblicani: “Ronald Reagan si starà rivoltando nella tomba a sapere che oltre un terzo dei repubblicani approvano Vladimir Putin, l’ex capo del KGB”.
Gli americani, secondo Obama, hanno smarrito il sentiero e hanno dimenticato chi sono e per cosa combattono.

I servizi di Intelligence americani sono concordi nel sostenere la responsabilità di Putin negli attacchi di hackeraggio

Marco Valsania, nell’articolo “Report Cia, Fbi e Nsa: Putin ha ordinato la campagna di hacking” del 7 gennaio 2017 sul sito “ilsole24ore.it” , riferisce che il presidente russo Vladimir Putin ha personalmente ordinato una campagna di hacking e di disinformazione con l’obiettivo di influenzare la campagna presidenziale degli Stati Uniti e di orientare la preferenza dell’elettorato su Donald Trump.
Stando a quanto riportato da Valsania, le durissime accuse nei confronti del Cremlino provengono dalle agenzie di Intelligence degli Stati Uniti in cui è stato messo nero su bianco, in uno speciale rapporto consegnato al presidente uscente Barack Obama: “A Trump - si legge nell’articolo - il report è stato consegnato durante un incontro con i vertici delle agenzie, al termine del quale ha detto di avere ‘un enorme rispetto per il lavoro e il servizio svolto dagli uomini e dalle donne di questa comunità per la nostra grande nazione’ ma di non approvare esplicitamente le loro conclusioni”.
Donald Trump ha infatti ricevuto il briefing sulle prove dell’aggressione di Mosca e dopo la pubblicazione della versione non classificata del rapporto di Intelligence sul Cremlino ed ha riconosciuto l’esistenza delle manovre degli hacker orchestrate da Vladimir Putin.

Il giornalista conclude riferendo che, secondo indiscrezioni del quotidiano “Washington Post”, vi sarebbero state intercettazioni su celebrazioni entusiaste di alti funzionari russi alla notizia che Trump aveva conquistato la Casa Bianca e sull’identificazione di specifici attori coinvolti nel passaggio di informazioni sottratte a WikiLeaks: “I russi si sono dichiarati soddisfatti di quanto accaduto l’8 novembre e si sono mostrati decisamente contenti di quanto avevano fatto”, ha riferito un funzionario al quotidiano. Un’altra fonte ha invece rivelato che le intercettazioni evidenziano il ruolo del “governo russo nelle fasi di pianificazione e direzione della campagna”.

Le violazioni informatiche nei server del Partito Democratico sono opera dell’intelligence del Cremlino

L’articolo de “Il Fatto Quotidiano”, “Elezioni Usa, Clinton accusa Putin: ‘007 russi hanno hackerato i sistemi del Partito Democratico’”, del il 31 luglio 2016, spiega che, in seguito ad un’intervista a “Fox News”, Hillary Clinton “ha puntato il dito direttamente su Mosca per il furto e la diffusione di email e dati dal server del Democratic National Commitee”.
In riferimento al furto e alla diffusione di quasi ventimila email poi pubblicate da WikiLeaks, il membro del Partito Democratico ha così accusato i vertici russi: “Sappiamo che i servizi di intelligence russi hanno hackerato il Dnc e sappiamo che hanno organizzato la diffusione di molte di quelle mail. La Russia ha anche organizzato il rilascio delle email del Democratic National Commitee”.
La Clinton non ha dunque alcun dubbio nel ritenere che le violazioni informatiche nei server dei democratici siano opera dell’intelligence del Cremlino e rivolge tali accuse anche nei confronti del Partito Repubblicano di Donald Trump: “Le azioni della Russia sembrano essere un modo per cercare di influenzare le elezioni statunitensi. Sappiamo che Donald Trump ha dimostrato una vera preoccupante disponibilità nel sostenere Putin. Io tratterei Putin con fermezza, ma non c’è nulla che preferirei fare di più che avere la Russia come amica, al contrario di quello che abbiamo ora, così possiamo sconfiggere insieme lo Stato Islamico con altri Paesi”.