La legge antiterrorismo è necessaria per garantire la sicurezza dei cittadini e prevenire eventuali attacchi terroristici

Per ostacolare le minacce di terrorismo occorre affidarsi a programmi informatici

Il ministro Angelino Alfano durante un dibattito parlamentare sul decreto antiterrorismo ha riferito le decisioni che prenderà il governo per ostacolare le minacce di terrorismo nel nostro paese: “Si è prevista la possibilità di utilizzare nelle intercettazioni giudiziarie programmi informatici che consentano l’acquisizione da remoto di flussi di comunicazione intercorrenti tra più sistemi”.

La notizia è stata riportata dal sito internet “Altalex.it” e pubblicata in data 26 marzo 2015 con un articolo intitolato Alfano: su intercettazioni pc serve equilibrio privacy-sicurezza. Alfano ha rassicurando che la legge in questione “non amplia il catalogo dei reati” e in risposta alle polemiche scaturite per gli emendamenti sulle intercettazioni preventive delle comunicazioni via web ha così risposto: “Su questo punto il parlamento sta ancora discutendo e sul quale occorrerà comprendere fino in fondo il punto di equilibrio di diritto alla sicurezza e diritto alla segretezza delle comunicazioni.”

Il governo deve insistere nel rafforzamento delle manovre di prevenzione del terrorismo

L’articolo Lotta al terrorismo, stop di Renzi alla norma sullo spionaggio dei nostri pc, pubblicato in data 27 marzo 2015 sul sito web “Oipamagazine.it” e firmato dal giornalista Pietro Giunti, riporta quanto scaturito dalla decisione dello stralcio dell’emendamento sulla legge antiterrorismo.

L’articolo afferma che un intervento in extremis del presidente del consiglio in carica nel 2015, Matteo Renzi, ha provveduto a modificare la legge proposta dalla Camera dei deputati sul terrorismo, dopo che aveva creato grandi polemiche.
Renzi, riferisce l’articolo, ha infatti chiesto e ottenuto che l’emendamento che autorizzava le forze di polizia a spiare da remoto nei pc degli italiani venisse stralciato.

A confermare questa posizione è stato il viceministro dell’Interno del governo Renzi, Filippo Bubbico, il quale ha giustificato con queste parole lo stralcio: “La norma deve essere trattata nell’ambito del provvedimento sulle intercettazioni telefoniche. Rimane confermata la volontà del governo su un rafforzamento delle misure di prevenzione e contrasto al terrorismo, oggi più che mai urgenti e necessarie ma abbiamo la necessità di contemperare le esigenze di sicurezza nella lotta al terrorismo con quelle di tutela della privacy”.

Il sistema informatico proposto dalla legge antiterrorismo non incide sulla privacy dei privati cittadini

Fulvio Sarzana, avvocato ed esperto di informazione, nuove tecnologie e internet, ha pubblicato sul sito web “Ilfattoquotidiano.it”, in data 26 marzo 2015, un articolo intitolato DL antiterrorismo, saremo tutti spiati?.
L’autore riferisce che il decreto antiterrorismo proposto dal governo è stato presentato in Parlamento con un emendamento approvato il 25 marzo per modificare il testo in fase di conversione.

Questo emendamento, che ha creato una grande polemica, modifica il codice di procedura penale, intervenendo sull’articolo 266 bis, comma 1, e prevede l’intercettazione di informazioni relative a sistemi informatici o telematici “anche attraverso l’impiego di strumenti o di programmi informatici per l’acquisizione da remoto delle comunicazioni dei dati presenti in un sistema informatico”.

Sarzana sostiene che la modifica di questa normativa ha fatto lanciare un “grido di allarme” perché si è pensato che con queste nuove norme le forze di polizia potessero “entrare nei computer dei cittadini, non solo in caso di terrorismo, ma per tutti i reati previsti dall’art 266 del codice di procedura penale, ovvero per esempio lo stalking ma anche le molestie telefoniche e l’ingiuria”.

Sarzana rigetta questa tesi sostenendo che il testo della norma sia stato interpretato in modo errato: “La parola ‘sistema informatico’ non è riferibile solo agli apparati in uso dagli utenti, ma anche a quelli le cui forze dell’ordine traggono le comunicazioni ed i dati, ovvero il server degli operatori di telecomunicazione. La captazione delle conversazioni (e cioè l’intercettazione in senso stretto), non può che essere effettuata presso l’operatore telefonico che ‘trasporta’ la comunicazione, quale che sia la tecnica utilizzata”.

“Per motivi che è troppo difficile spiegare in poche parole si sta cercando da qualche tempo di attivare dispositivi che consentono il comando di captazione in remoto, rendendo dunque le intercettazioni indipendenti da una azione positiva dell’operatore telefonico, automatizzando le procedure, essenzialmente per diminuire i costi ’monstre’ delle intercettazioni. Il sistema informatico di cui si parlerebbe nella norma non sarebbe quindi quello del privato cittadino ma quello dell’operatore telefonico o telematico ed il collegamento si riferirebbe a quello delle forze dell’ordine nel corso di un procedimento”.

Supportando la legge, l’autore conclude affermando che la norma in questione avrebbe due finalità diverse: “Una pratica, legata alla circostanza che le forze dell’ordine sotto la supervisione dell’Autorità procedente potrebbero collegarsi più facilmente , attraverso apposti software ai server degli operatori di TLC (con tutte le garanzie di legge si intende), e l’altra di natura normativa perché questo tipo di collegamento permetterebbe di risolvere molti problemi legati all’inutilizzabilità delle intercettazioni, il cui sistema prevede la necessità di svolgere le operazioni più importanti presso gli Uffici della procura”.

 
Le norme sull’intercettazione andavano cambiate ed adeguate da tempo

L’articolo intitolato Antiterrorismo, il dl cambia le norme sulla privacy per tutti i reati. Il ministero: ‘Solo adeguamento a codici UE’, pubblicato in data 11 febbraio 2015 da Alberto Custodero su “La Repubblica”, approfondisce la questione delle norme previste per l’intercettazione di comunicazioni di presunti terroristi.

Stando quanto riportato dall’autore, Angelino Alfano e Andrea Orlando, rispettivamente ministro dell’Interno e ministro di Giustizia sotto il Governo Renzi, hanno spiegato a Bruno Frattasi, direttore dell’ufficio Affari legislativi del Viminale, che l’articolo 53 del codice della privacy “impediva alle Forze di polizia di acquisire dati e informazioni personali, qualora ciò non fosse espressamente previsto da norme di rango primario, con conseguenze pregiudizievoli sull’attività di prevenzione e repressione dei reati, nonché di tutela della sicurezza pubblica”.

Il ministero spiega che le norme sulla privacy sono soltanto un adeguamento a codici dell’Unione Europea. La norma “andava cambiata da tempo”, riferisce l’articolo, per questo motivo il codice è stato adeguato alla normativa europea. La nuova norma specifica che “si intendono effettuati per finalità di polizia i trattamenti di dati personali direttamente correlati all’esercizio di compiti di prevenzione e tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché ai compiti di polizia giudiziaria svolti ai sensi del codice di procedure penali, per la prevenzione e repressione dei reati”.

Lo stesso sistema per contrastare la mafia può essere impiegato per la lotta al terrorismo

In occasione della trasmissione televisiva “La Telefonata” di Maurizio Belpietro su Canale 5, Angelino Alfano, ministro dell’Interno del Governo Renzi e attuale ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale del Governo Gentiloni, ha dichiarato la propria opinione in merito al provvedimento antiterrorismo.

Il ministro si è espresso in riferimento alla norma che prevedeva di controllare i pc dei cittadini, successivamente stralciata da Renzi: “Noi abbiamo considerato la privacy un diritto fondamentale, così come previsto dalla Costituzione, ma mi fa ridere chi ha sempre detto di difenderla, ma poi era favorevole alla pubblicazione delle intercettazioni per i processi e ora che c’è da combattere il terrorismo si sveglia improvvisamente come difensore della privacy”.

La dichiarazione è stata riportata dall’articolo intitolato Terrorismo, Alfano: chi diceva sì a intercettazioni ora difende privacy, pubblicato in il 27 marzo 2015 sul sito web “lapresse.it”. “La norma”, continua Alfano, “non consentiva alla polizia di entrare nei computer, ma aveva le stesse regole applicate per le intercettazioni telefoniche”.
Lo stesso sistema impiegato per “contrastate la mafia” può essere applicato “ai sospetti terroristi”.

“Con le nostre leggi è possibile fare controlli di polizia anche ai sospettati di mafia pure se non si possono ancora mandare in galera”. La stessa cosa, spiega Alfano, “potrà esser fatta verso chi è sospettato di attività legate al terrorismo, in modo che non abbiano vantaggi”. “Occorre intercettare” ha precisato il ministro “per scoprire se il reato è esistente”.

“Il reato non è peccato” ha concluso Alfano, quindi è necessario “sanzionare veramente chi pubblica intercettazioni non rilevanti per l’inchiesta e che magari riguardano la vita privata di persone nemmeno indagate”.

Daniele Vassalli, 29 marzo 2017

La legge antiterrorismo viola il principio di stretta proporzionalità tra privacy e sicurezza

In data 26 marzo 2015 sul sito web “oipamagazine.it” è stato pubblicato l’articolo di Pietro Giunti Lotta al terrorismo, addio privacy sui nostri pc al minimo sospetto di reato. L’articolo sostiene in modo chiaro la tesi secondo cui “la minaccia del terrorismo non può giustificare la violazione della privacy dei cittadini”. L’autore dichiara che ad essere preso di mira dalla legge antiterrorismo del governo italiano è l’utilizzo privato che si fa della rete.

Infatti, il comma 1 della nuova versione dell’articolo 266-bis del codice di procedura penale prevede la “possibilità per gli inquirenti di utilizzare ‘software troll’ per intercettare comunicazioni e dati sensibili di un qualsiasi cittadino sospettato di terrorismo”.

Giunti aggiunge che “il pubblico ministero da parte sua potrà conservare i dati di traffico fino a ventiquattro mesi. I provider su internet saranno obbligati a oscurare i contenuti illeciti pubblicati dagli utenti. Scatterà l’obbligo di arresto in flagranza per chi commette reati di terrorismo attraverso il web o altri strumenti informatici” ricorrendo per esempio all’arruolamento di foreign fighters o facendo propaganda in favore del terrorismo. L’autore ritiene queste procedure uno “spionaggio vero e proprio” che “prevarica i confini della libertà personale”.

Giudizi negativi sono stati esposti anche dalla dichiarazione di Antonello Soro, presidente dell’autorità garante per la protezione dei dati personali, il quale ha sostenuto che: “Alcuni punti al decreto legge antiterrorismo alterano il necessario equilibrio tra privacy e sicurezza. In particolare l’emendamento che porta a due anni il termine di conservazione dei dati di traffico telematico e delle chiamate senza risposta (ora di un anno e, rispettivamente, di un mese) va nel senso esattamente opposto a quello indicato dalla corte di giustizia l’8 aprile scorso”.

Secondo Soro nel provvedimento manca il principio di stretta proporzionalità tra privacy e sicurezza ribadito dalla Corte: “Perplessità suscita anche l’emendamento che ammette le intercettazioni preventive per i reati genericamente commessi online o comunque con strumenti informatici. Anche in tal caso l’equilibrio tra protezione dati ed esigenze investigative sembra sbilanciato verso queste ultime, che probabilmente non vengono neppure realmente garantite da strumenti investigativi privi della necessaria selettività”.

La norma per il controllo da remoto delle informazioni digitali è anticostituzionale

In data 26 marzo 2015 sul sito web “ilpost.it” è stato pubblicato l’articolo intitolato Il disegno di legge antiterrorismo contiene una norma anticostituzionale. Nell’articolo si afferma che la legge antiterrorismo consente “il controllo incondizionato delle informazioni digitali da parte dello Stato”. Il disegno di legge è stato discusso alla Camera a partire dal 26 marzo 2015 per la conversione in legge del decreto antiterrorismo presentato nel mese di febbraio dello stesso anno dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi e dagli altri ministri del governo.

In dettaglio, una particolare norma consentirebbe alla polizia di utilizzare i programmi per acquisire “da remoto” le comunicazioni e i dati presenti in un sistema informatico tramite il cosiddetto “trojan di Stato”, permettendo di accedere al computer di ogni singolo cittadino sospettato di vari reati e non solo di quelli di matrice terroristica.

L’emendamento introdotto, prosegue l’articolo, riguarda le intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche. Consente cioè l’intercettazione del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici anche attraverso l’impiego di strumenti o di programmi informatici per l’acquisizione da remoto delle comunicazioni e dei dati presenti in un sistema.

La questione risulta molto complessa. Da una parte vi è l’esigenza di reprimere e prevenire i reati, ma dall’altra anche il bisogno di tutelare e rispettare i diritti fondamentali della persona garantiti dalla Carta costituzionale (articoli 13, 14 e 15).

Stefano Quintarelli, deputato di Scelta Civica e esperto di Internet, ha riferito, stando a quanto riportato dall’articolo in questione, che con questo emendamento l’Italia diventerebbe “il primo paese europeo a rendere esplicitamente ed in via generalizzata legale e autorizzata la ‘remote computer searchers’ e l’utilizzo di captatori occulti da parte dello Stato”.

Il provvedimento, spiega Quintarelli, non sarebbe in relazione a specifici reati di matrice terroristica, ma per tutti i reati commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche. Approvando il decreto, la conseguenza sarebbe che “per qualsiasi reato commesso a mezzo del computer – dalla diffamazione alla violazione del copyright o ai reati di opinione e all’ingiuria – sarà consentito violare da remoto in modo occulto il domicilio informatico dei cittadini”.

La legge antiterrorismo consente di spiare privati cittadini sospettati di qualsiasi reato

L’articolo DL antiterrorismo, così lo Stato avrà libero accesso ai pc degli italiani, pubblicato il 25 marzo 2015 da Arturo Corinto su “La Repubblica”, ha lanciato l’allarme privacy sostenendo che la proposta di legge costituisce una “legislazione irrispettosa dei diritti dei cittadini”. L’articolo ricorda che il Garante privacy Antonello Soro si era già preoccupato per la “mancata proporzionalità nella legge tra le esigenze della privacy e della sicurezza”.

Le misure urgenti previste dal testo di base per contrastare il terrorismo prevedono infatti una serie di aumenti di pena per l’addestramento ad attività con finalità di terrorismo, per l’istigazione a delinquere e a commettere dei delitti contro lo Stato e per i reati di apologia quando commessi attraverso strumenti informativi o telematici.

Stando a quanto pubblicato dall’articolo, Stefano Quintarelli ha riferito che: “Nessuno può mettere in dubbio la necessità di adeguare la legislazione italiana alle nuove guerre che si combattono nel cyberspazio o alla repressione dei crimini perpetrati attraverso gli strumenti che internet mette a disposizione, ma la modifica all’articolo 266 bis, comma 1, del codice di procedura penale, presente nel cosiddetto decreto antiterrorismo introdurrebbe per la prima volta la possibilità di spiare dentro il computer di ogni singolo cittadino sospettato di qualsiasi reato e non solo di quelli di matrice terroristica”.

Quintarelli ha precisato che: “Non si tratta di una semplice intercettazione, che parte da un certo momento in poi, ma si tratta dell’acquisizione di tutte le comunicazioni fatte in digitale dal proprio computer” aggiungendo che in questa maniera viene violato il domicilio informatico. “In pratica si rende possibile entrare nei computer delle persone e di guardare nel loro passato usando software nascosti. Significa che fra dieci anni qualcuno potrà leggere quello che Matteo Renzi ha scritto quando stava al liceo o acquisire tutta la vita della persona oggetto di indagine”.

L’articolo si chiude con l’opinione di Alberto Gambino, professore ordinario di diritto civile e presidente dell’Accademia italiana del Codice di Internet, il quale ha espresso forti dubbi sulla materia in oggetto di dibattito: “La prospettiva di affidare allo Stato l’acquisizione dei dati stessi ai fini della repressione dei reati che possono essere perpetrati attraverso mezzi tecnologici non può frustrare i diritti fondamentali della persona umana e pertanto deve essere affidato alla magistratura il compito di valutare caso per caso l’opportunità di limitare le libertà individuali”.

Lo stralcio della norma sul controllo del web prevista dalla legge antiterrorismo non pone in sicurezza i diritti dei cittadini

L’articolo Lotta al terrorismo, stop di Renzi alla norma sullo spionaggio dei nostri pc, pubblicato il 27 marzo 2015 sul sito web “oipamagazine.it” e firmato dal giornalista Pietro Giunti, ha riferito quanto espresso da Stefano Rodotà, giurista, politico e accademico italiano, in merito alla richiesta dello stralcio della legge antiterrorismo ad opera del premier Renzi.

Il giurista ha espressamente criticato la decisione del presidente del consiglio Matteo Renzi in carica durante l’approvazione della legge, sulla “toppa” messa al decreto dal governo: “Da accogliere positivamente, ma resta sempre un semplice passo indietro e per di più provvisorio, perché questa minaccia alla privacy verrà riproposta in sede di disciplina delle intercettazioni”.

Il costituzionalista ha affermato la propria preoccupazione nei riguardi di una legge che viola in modo evidente il diritto alla riservatezza dei cittadini: “La disinvoltura legislativa dell’uso di un decreto legge per intervenire sui diritti fondamentali è veramente preoccupante. Già era improvvido affrontare così l’argomento, ma adesso complicherà di più l’iter della legge sulle intercettazioni”.