Se è vero che di Ponte sullo Stretto di Messina si parla sin da epoca romana, è facilmente constatabile come nel corso dei secoli siano stati effettuate verifiche continue e costanti sulla fattibilità di questa grande opera, mai realizzata soprattutto per questioni economiche e pigrizie politiche. Le condizioni per la costruzione del ponte in sicurezza sono tutte presenti, sulla scia di altre strutture simili presenti nel mondo.
Il No al Ponte non è sostenuto da una sola ragione valida, sul piano ingegneristico, economico, sociale e ambientale. Basterebbe la constatazione che non esiste al mondo un'altra isola con più di 100 mila abitanti, distante meno di 2 miglia dal continente a non essere collegata stabilmente con la terraferma, per dimostrare che non è una noiosa fissazione voler realizzare l'opera, ma è un'incomprensibile ostinazione il non volerla fare. Popper, in questi casi, parlava del "soldato che si accorse con meraviglia che tutto il resto del plotone marciava fuori tempo, tranne lui". La letteratura NoPonte è infarcita di tesi bislacche, come l'aumento dell'inquinamento causato dalle emissioni di gas da parte degli autoveicoli che attraverseranno il Ponte, quando è esattamente il contrario. Qualcuno veramente crede che le emissioni di un mezzo che attraversa il Ponte in circa 3-4 minuti siano maggiori di quelli incolonnati - a volte per ore - lungo le strade di Messina e Villa San Giovanni? Ma questo è un aspetto complessivamente secondario del problema inquinamento da gas di scarico, perché l'obiettivo del Ponte, conformemente alle direttive dell'Unione europea, è il trasferimento da gomma a ferro della parte maggiore possibile del trasporto merci e persone. Se oggi, in Sicilia, il 98% del trasporto merci avviene su gomma, contro meno del 2% su ferro, a fronte di una percentuale media italiana di parecchi punti inferiore, ciò è dovuto soprattutto alle enormi difficoltà del traghettamento dei treni attraverso lo Stretto. E' evidente che rendere pressoché impossibile il trasporto su ferro accresce quello su gomma e peggiora l'inquinamento. Fino a una quindicina d'anni fa erano 56 i treni che ogni giorno passavano dalla sponda siciliana a quella calabrese e viceversa, ora sono 5. La progressiva marginalizzazione dell'isola - ma il discorso vale anche per la Calabria, che non può rinunciare a scambiare merci e persone con un vicino 3 volte più grande - è a un punto tale che solo 20 anni fa la Sicilia contribuiva per 1/8 al PIL nazionale, adesso è a 1/19.
Altrettanto evidente è il fatto che il via vai di traghetti attraverso lo Stretto inquini il mare e l'aria molto più dei mezzi che, in pochi minuti, passano dall'isola al continente e viceversa. Chi non ci crede, vada a fare il bagno in un qualsiasi porto oppure guardi il fumo che esce dalle ciminiere delle navi. Eppure, ci sono pseudo ambientalisti che, pur di contestare la realizzazione del Ponte vorrebbero si incrementasse persino il traffico aereo, la modalità di trasporto di gran lunga più dannosa che esista.
I contrari all'opera parlano della necessità di eseguire studi approfonditi. Non sanno - perché conviene loro non prenderne atto - che sono stati fatti in modo addirittura esasperato. Alcune delle contestazioni più note degli ambientalisti si riferiva alla salute della fauna ittica. Come può un ponte, che passa a 60 m. dal pelo dell'acqua, senza toccarla in alcun punto, dare fastidio ai pesci più delle migliaia di navi che attraversano quel braccio di mare in continuazione? Basta un minimo di buonsenso per capire che la critica è strumentale. Per non parlare della "strage di uccelli migratori" che sarebbe stata causata dalle torri che sostengono il Ponte. Un'obiezione fatta propria dal Ministero dell'Ambiente - che, per altro, non ha mai bocciato l'opera, limitandosi, dopo quasi 2 anni di esami e centinaia di obiezioni, a dire di "non essere in grado di dare una risposta" -, che ha dato origine a un lungo monitoraggio, diurno e notturno, da parte della più autorevole società internazionale che si occupa del problema. Ebbene, tra le tante specie di uccelli migratori che attraversano l'area dello Stretto, solo 4 volano - limitatamente a una piccola percentuale - al di sotto dei 400 m. (le torri sono alte poco meno di 400 m.) e, ammesso che siano così distratti da non accogersi dell'ostacolo, la quantità di vittime in un anno sarebbe di gran lunga inferiore a quelle che muoiono ogni giorno lungo le autostrade italiane.
Viene molto difficile contestare la sicumera mostrata da chi non ha mai progettato ponti di alcun tipo e gli argomenti tecnico-scientifici addotti contro l'opera, data la sproporzione tra chi ha sottoscritto il progetto e chi lo critica, quasi sempre senza averne mai visto una pagina o un elaborato. Vale però la pena notare che si parla di "profondità delle acque, oltre 100 m. e intensità delle correnti marine": il Ponte è sospeso, profondità del mare e correnti marine non contano assolutamente nulla.
Lascia sbalorditi il ragionamento "scientifico" secondo il quale è imprudente che il Ponte sia stato studiato per resistere a sismi fino a 7,1 gradi Richter, considerato che potrebbero essercene di maggiori. Una tesi totalmente ascientifica che, portata alle logiche conseguenze, impedirebbe di costruire pure i canili. La probabilità che si verifichi un terremoto di intensità superiore a quello del 1908 entro i prossimi 1000 anni è vicina allo zero, a detta del Direttore del INVG, e i criteri scientifici che guidano le costruzioni in ogni parte del mondo non possono seguire le elucubrazioni di chi continua a ripetere "e se ne arrivasse uno di 7,5? o di 8,2 o di 9,1 o ancora più forte di tutti quelli mai registrati sulla Terra negli ultimi 200 anni?". L'unica risposta seria è che, se si verificasse un altro terremoto come quello del 1908, crollerebbero metà Messina e metà Reggio, i morti sarebbero oltre 100 mila e l'unico vero guaio derivante dal possibile crollo del Ponte sarebbe la difficoltà di far arrivare i soccorsi, come hanno detto i responsabili della Protezione civile. Più seriamente, la capacità di una struttura elastica di far fronte ai terremoti è molto maggiore di una struttura rigida. A San Francisco, quando, nel 1989, si verificò il sisma di 7,1 gradi Richter che causò 63 morti, pile e campate del Bay Bridge - che poggia proprio sulla famosa Faglia di Sant'Andrea - furono danneggiate. Il Ponte è stato parzialmente rifatto con criteri innovativi che ne assicurano la resistenza a sismi ancora più forti. I tecnici che l'hanno progettato affermano che, in caso di nuovo e devastante sisma, il posto più sicuro della Bay Area è la cima del pilone centrale. A patto che ci sia qualcosa a cui afferrarsi. Va detto che il Bay Bridge non è interamente sospeso ma a 4 campate. Un ponte sospeso resiste ancora meglio ai terremoti e il suo vero nemico è il vento. Sarebbe istruttivo, a tale proposito, osservare lo spostamento laterale dell'attuale ponte sospeso più lungo del mondo. Sottoposto a un vento laterale di oltre 200 kmh, il centro dell'Akashi si sposta di 25 m., ben poco su una lunghezza di 1991 m. Ebbene, sottoposto a un vento della stessa intensità - prove fatte in 6 gallerie del vento in varie parti del mondo - il Ponte sullo Stretto si sposta di 10 m., un'inezia per una luce di 3.200 m. Va anche detto che il vento più forte misurato sullo Stretto negli ultimi 30 anni è stato di 140 kmh.