Un premio di maggioranza significativo che regala stabilità e governabilità al Paese. Un passo importante anche in ottica europea

PD: necessario il premio di maggioranza

La nuova legge elettorale prevede l’attribuzione di un premio di maggioranza del 54% (340 seggi) alla sola lista in grado di raggiungere quota 40% dei voti al primo turno. Nel caso nessun partito riesca a pervenire a tale risultato, si va a ballottaggio, materia del contendere per gran parte dell’opposizione ma strumento necessario per garantire rapidità ed efficacia delle elezioni. Gli equilibri politici si sono spesso giocati su questa percentuale, prima abbassata e poi rialzata, soprattutto nei colloqui ripetuti avuti da Renzi con Silvio Berlusconi, il leader di Forza Italia che, ovviamente, ha fatto il gioco del suo partito nella determinazione della sua proposta per la legge elettorale. Il Pd invece ha individuato il sistema maggioritario come un punto di forza, data la possibilità di poter governare in gran parte del Paese aggiudicandosi numerosi collegi.
“È indubbio che quello proposto è ancora troppo alto. Ma è importante chiarirsi sulla premessa: alto rispetto a cosa? Se la priorità è che dalle elezioni esca una maggioranza netta, allora il premio proposto è ragionevole; non lo è, invece, se si vuole salvaguardare la rappresentanza, che non è cosa da poco. Questa è una scelta coraggiosa” (Paola Caporossi, Ecco tutti i pro e i contro dell’Italicum, “europaquotidiano.it”, 27 gennaio 2014).
D’altronde, la soglia del 40%, è il risultato di un lungo contemperamento tra le parti in causa. Inizialmente il 35%, era individuata come quota troppo bassa, capace addirittura di pregiudicare la costituzionalità della legge. Il Pd aveva proposto a Forza Italia di aumentarla al 38/40% ottenendo forti resistenze da un partito che non aveva e non ha i numeri per governare. Inoltre più si alza la soglia, più è probabile che si debba fare il doppio turno tra le due prime coalizioni e Forza Italia si è sempre ritenuta in svantaggio nel ballottaggio, a causa di un elettorato meno propenso ad andare alle urne. L’accordo si è trovato al 40%, per non ricadere nei vecchi errori di instabilità.

L'apertura di Renzi a possibili modifiche

Dopo la vittoria del "no" nel referendum costituzionale del 4 dicembre, l’ex premier Renzi si è detto disponibile ad intervenire, per attuare modifiche sulla legge elettorale.
Un’apertura che si è manifestata ben prima dell’esito del referendum: “Abbiamo detto che siamo pronti a cambiare l'Italicum, che siamo disponibili. Il M5S dice che il ballottaggio è anti democratico, penso che Appendino e Raggi non siano d'accordo. Ma M5S ha detto la sua e aspettiamo la posizione di Berlusconi e Salvini e alla fine faremo le modifiche necessarie" (Legge elettorale, M5S: "Via l'Italicum, meglio il Democratellum", “quotidiano.net”, 20 settembre 2016).
La precisazione di Renzi non era allora casuale, se si pensa che i due sindaci pentastellati si erano da poco insediati nelle loro rispettive città grazie al ballottaggio, strumento peraltro presentissimo anche sul palcoscenico europeo e garanzia di un vincitore. Con esso si evitano così turni infiniti e si ha ben presto un verdetto, che è poi quello che interessa a gran parte degli italiani.
Proprio un mese prima del referendum che lo avrebbe portato a dimettersi, il premier si pronunciava così sull’Italicum: "Se volete cambiarla la cambiamo. La legge elettorale si cambia in due mesi. Io penso che la legge col ballottaggio non fosse nulla di male, anzi dava garanzia di vittoria. Ma a me va bene qualsiasi legge, basta che non sia il Porcellum". E un documento interno al Pd sulle modifiche all’Italicum confermava questa volontà: "Si valuta la possibilità di superare il ballottaggio purché si trovi una soluzione che garantisca la governabilità"(Italicum, Renzi apre sul ballottaggio: è una garanzia ma si può cambiare, “rainews.it”, 4 novembre 2016).
Anche Maria Elena Boschi, sempre molto entusiasta della nuova legge, all’avvicinarsi del referendum costituzionale del 4 dicembre, ha aperto a modifiche: "Noi abbiamo approvato l'Italicum. Per noi è una buona legge, ma siamo disponibili a cambiarla. Per me però sarebbe un errore tornare al proporzionale come nella Prima Repubblica dove decidevano i partiti” (Boschi: "Italicum buona legge ma disponibili a cambiarla" “rainews.it”, 26 novembre 2016).
Lega Nord e Fratelli d’Italia, all’indomani della vittoria del "no", hanno manifestato la volontà di andare subito al voto mentre più controversa la posizione del M5S che ha parlato dapprima di elezioni immediate e poi di nuovo di Democratellum, progetto presentato alla Camera il 20 settembre. Tale proposta mira a introdurre un sistema proporzionale corretto con preferenze e un voto di penalizzazione per eliminare dalla lista un candidato, senza alcun premio di maggioranza. Da un lato, infatti, il ballottaggio previsto dall’Italicum potrebbe favorire il partito di Beppe Grillo, dall’altro il Movimento non vuole regalare una vittoria tanto facile ad un progetto voluto e portato avanti da Matteo Renzi.
Eppure, “il principio democratico sarebbe maggiormente inverato proprio da un meccanismo imperniato sul premio di maggioranza e su un eventuale ballottaggio tra due distinte proposte di governo, in virtù del quale sarebbe il popolo stesso a designare e legittimare il governo del Paese e non già le forze politiche rappresentate in Parlamento”. (Seminario, i pro e i contro dell’Italicum, “Nomos”, a cura di Alessandro Gigliotti, consultato il 10 gennaio 2017).

Nonostante la bocciatura nel referendum, che ha portato ad avere due leggi elettorali diverse per Camera e Senato, i principi dell’Italicum possono essere salvaguardati, seppur con qualche accorgimento.
Nel corso dell'assemblea del Partito Democratico del 18 dicembre 2016, il segretario Matteo Renzi, ha riproposto il Mattarellum come nuova legge elettorale. Una legge utilizzata nelle elezioni tra il 1993 e il 2005 e per le elezioni politiche del 1994, 1996 e 2001.
La caratteristica del Matterellum è quella di essere un sistema elettorale misto a prevalenza maggioritaria che prevede che i due terzi dei seggi (475 a Montecitorio, 232 a Palazzo Madama) vengano assegnati con un sistema maggioritario attraverso collegi uninominali in cui il candidato più votato risulti eletto, mentre i restanti seggi sono assegnati con un sistema proporzionale differente tra le due camere.
Un altro aspetto rilevante, su cui incide l’Italiacum, è il rapporto tra partiti e coalizione. Si parla del raggiungimento della soglia solo per i partiti e non per le coalizioni e questa decisione è adottata proprio per garantire maggiore governabilità e poca frammentazione.
“Un’altra esigenza che viene spesso citata nasce dalla distribuzione attuale dei consensi tra i partiti italiani: che piaccia o no ci sono tre o quattro partiti o coalizioni che si dividono la gran parte dei voti, quindi l’unico modo per escludere le grandi coalizioni e ‘sapere chi governa la sera delle elezioni’ – la frase che si sente dire più spesso – è applicare una qualche forzatura con i premi di maggioranza oppure scegliere un sistema maggioritario simile a quello in vigore nel Regno Unito. L’Italicum era stato pensato come un compromesso per garantire questo risultato, ma sarà probabilmente cambiato e in ogni caso non riguarda il Senato”. (La questione legge elettorale, spiegata bene, “ilpost.it”, 5 dicembre 2016).

Anche la maggioranza Pd si è dimostrata abbastanza coesa durante l’approvazione dell’Italicum e all’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre, anche se non sono mancate posizioni critiche. Alcune rimostranze costruttive sono stare mosse da Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera: “Io penso che togliere il ballottaggio non sia un'idea geniale, però siccome penso che l'Italicum sia certamente un passo avanti rispetto al Porcellum e ad altre leggi che abbiamo avuto, se la maggioranza della direzione e dei gruppi decideranno che quella è la linea, io mi adeguerò. Più mettiamo mano a questa legge e più la peggioriamo, come è successo in altri casi. L'ho già detto chiaramente e continuerò a dirlo: più si modifica l'italicum, più si fanno danni” (Italicum, Alfano rilancia l'accordo: "Una risposta ai dubbiosi del Sì". Giachetti tiepido, “La Repubblica.it”, 6 novembre 2016).
Con Matteo Renzi, sin dall’inizio, l’attuale ministro degli Esteri Angelino Alfano: “Il Pd ha realizzato un'intesa al suo interno che ci fa centrare due obiettivi su due: togliere il ballottaggio e introdurre il premio alla coalizione. Credo che questa modifica di legge elettorale possa essere anche una buona occasione per tanti che dicevano di votare No al referendum solo a causa della legge elettorale per riorientare il proprio voto verso il Sì" (Italicum, Alfano rilancia l'accordo: "Una risposta ai dubbiosi del Sì". Giachetti tiepido, “La Repubblica.it”, 6 novembre 2016).

 

Claudio Alessandro Colombrita, 24 gennaio 2017

Critiche alla soglia di maggioranza

L’Italicum è stato duramente criticato perché concederebbe troppo potere al partito vincitore e quindi all’esecutivo.
Molto probabilmente la Corte Costituzionale, che si pronuncerà a breve, eliminerà il premio di maggioranza dell’Italicum e altri aspetti secondari della legge (come la questione dei “capilista bloccati”), trasformando così anche la legge per la Camera in un proporzionale puro che porterebbe a una Camera divisa in tre o quattro blocchi medio-grandi, senza nessuna chiara maggioranza. In teoria tutti i partiti hanno manifestato l’intenzione di non ritrovarsi in questa situazione e di approvare in tempi relativamente rapidi una nuova legge elettorale con cui presentarsi al voto già nella primavera del 2017.
Ma la soglia del 40% e il robusto premio di maggioranza sanno di dittatura e di accentramento eccessivo dei poteri nelle mani del partito che governa. Proprio i partiti sono al centro delle polemiche, perché si decide di premiarli a scapito delle coalizioni. Vengono tagliati fuori anche i piccoli partiti politici e non viene data la possibilità ai cittadini di sentirsi rappresentati pienamente dai grandi colossi. Al momento circolano molte proposte per una nuova legge elettorale, alcune di tipo proporzionale con premio di maggioranza, simili al Porcellum, ma con un premio ridotto per evitare una nuova bocciatura della Corte Costituzionale e altre miste con un sistema proporzionale-maggioritario, come il Mattarellum, che assegna il 75 per cento tramite collegi maggioritari e il 25 per cento su base di criteri proporzionali. Proposte anche per una sorta di “Mattarellum 2.0″, simile alla vecchia legge ma con l’aggiunta di un premio di maggioranza.

Forza Italia ha sempre criticato la soglia del 40% e ha cercato, prima dell’approvazione definitiva, di smussare i numeri alti. Essa è tendenzialmente contraria ai sistemi che prevedano una componente maggioritaria perché, non essendo attualmente molto forte territorialmente, sarebbe costretta a valutare alleanze, soprattutto con la Lega Nord di Salvini. Berlusconi preferisce dunque i sistemi proporzionali per poter correre da solo. In ogni caso l’Italicum è a forte rischio incostituzionalità così come il Porcellum che ha sostituito.
Il sistema prescelto non è quello vincente: “Il principio democratico-rappresentativo, di cui all’art. 1 della Costituzione, esige una corrispondenza quanto più ampia possibile tra espressione del voto popolare e composizione delle assemblee parlamentari, sicché un sistema elettivo che permetta un tasso di dis-rappresentatività eccessivo finirebbe per porsi in contrasto con il dettato costituzionale” (Seminario, i pro e i contro dell’Italicum, “Nomos”, a cura di Alessandro Gigliotti, consultato il 10 gennaio 2017).
“Una soluzione (non l’unica, peraltro) potrebbe essere prevedere che al primo turno possano concorrere solo i partiti e se nessuno raggiunge la soglia del 35% al secondo turno aprire alle alleanze sui programmi. Questo comporta sicuramente che il potere di ricatto dei mini-partiti venga spostato dal primo al secondo turno, ma con un vantaggio non indifferente: i partiti maggiori – attualmente tre – potrebbero giocarsi la chance di vincere al primo turno, mentre i rischi connessi al secondo turno di coalizione potrebbero essere attenutati da correzioni tecniche” (Paola Caporossi, Ecco tutti i pro e i contro dell’Italicum, “europaquotidiano.it”, 27 gennaio 2014).
Il premio di maggioranza deve essere quindi assegnato alla coalizione vincitrice e si deve andare verso un superamento del ballottaggio. D’altronde, un documento approvato da una commissione Pd formata dai vertici del partito (Lorenzo Guerini, Ettore Rosato, Luigi Zanda, Matteo Orfini) e dal deputato della minoranza Gianni Cuperlo conferma che si sta andando in questa direzione, almeno su quest’ultimo punto.
I piccoli partiti non vogliono rimanere nell’ombra e chiedono visibilità e la possibilità di poter dire la propria in un governo. La commissione interna del Pd va verso la direzione del superamento del ballottaggio attraverso l’aumento della soglia che deve raggiungere il partito. Tuttavia ancora non si parla di cifre e si rimane sul generico.

M5S e Forza Italia

Il Movimento 5 Stelle si è sempre mostrato molto critico con l’Italicum, già prima della sua approvazione: “Deve essere adottato un sistema elettorale con formula proporzionale da applicarsi in circoscrizioni medio-piccole in quanto, oltre a garantire rappresentatività e vicinanza agli elettori, favorisce l’aggregazione fra le forze politiche piccole e medio-piccole, spingendole a mettere insieme le loro idee, se conciliabili, dentro forze politiche più grandi ma coese e favorisce l’omogeneità interna dei partiti e dei movimenti, disincentivando frantumazioni e scissioni. La legge elettorale per il Parlamento italiano deve essere, anzitutto, rappresentativa dei cittadini e, allo scopo, occorre adottare un sistema proporzionale senza alcun premio di maggioranza. Per queste ragioni chiediamo al Parlamento di approvare in tempi rapidi una nuova legge elettorale con formula proporzionale, in circoscrizioni medio-piccole e modalità di espressione della preferenza da parte degli elettori” (I 5 Stelle all’attacco dell’Italicum: «Bisogna cancellarlo, vogliamo il proporzionale e le preferenze», “Corriere della Sera”, 20 settembre 2016).

Sul Mattarellum, soluzione paventata dopo la vittoria del "no" al referendum, c’è scetticismo. La minoranza Pd è pronta a fare sponda con Berlusconi per impedire che si approvi.
Decisa la posizione del capogruppo alla Camera di Forza Italia Renato Brunetta: “Il Pd è passato dall’Italicum e le sue tre fiducie, al protocollo d’intesa con Cuperlo, il cosiddetto Cuperlellum, che non si è mai ben capito cosa fosse, e adesso siamo al Mattarellum, doc o geneticamente modificato poco importa. Al di là dell’inevitabile ironia, alcuni concetti devono essere chiari: la riforma elettorale si fa in Parlamento, alla pari, con tutte le forze politiche e nelle modalità indicate dal presidente Mattarella. Ma non è questo che, di fatto, avrebbe voluto Renzi sin dall’inizio?” (Guerra a colpi di…Mattarellum. Salvini e Renzi si scansano, Berlusconi patteggia, “siciliainformazioni.com”, 28 dicembre 2016).
Berlusconi si esprimeva così prima del referendum costituzionale: “La riforma costituzionale associata all'Italicum può aprire alla possibilità di una deriva autoritaria nel nostro Paese. Se vincesse il M5s, il signor Grillo, già padrone del suo partito, diventerebbe capo del governo e diventerebbe in breve il capo degli italiani". (Referendum, Berlusconi: "Con lʼItalicum cʼè il rischio dittatura se vince il Sì", “tgcom24.mediaset.it”, 22 novembre 2016).