Strategia della Decrescita Felice
Giorgio Arfaras

Giorgio Arfaras, economista, direttore della Lettera Economica del Centro Einaudi, intervistato dalla piattaforma di dibattito pubblico Pro\Versi, ha dato un importante contributo al dibattito sulla Decrescita Felice, evidenziando soprattutto i limiti di tale strategia economica.

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Alla domanda se sia favorevole o contrario alla tesi che la decrescita sia un’utopia irrealizzabile, Arfaras pone in primo piano il suo sostegno alla crescita: “Sono assolutamente a favore della crescita […] quando uno pensa ‘crescita’ s’immagina un mondo inquinato, tutti i fiumi pieni di sporcizia. Uno può benissimo avere una crescita pulita”. Parallelamente, il dott. Arfaras evidenzia come parlare di Decrescita sia inadeguato anche in relazione all’odierno sviluppo tecnologico: “La decrescita significherebbe avere un’economia elementare. Non riesco a capire come uno possa sostenere […] una popolazione a invecchiamento progressivo, dove c’è bisogno di mantenere i vecchietti, con un’economia quasi da maniero, dove si produce poco e si consuma a chilometro zero”; “[la Decrescita] è un’utopia reazionaria, cioè uno desidera un mondo perfetto, ma è un mondo perfetto […] di ieri, dove si suppone che tutti fossero felici. In realtà si viveva fino a quarant’anni, alla prima poliomielite uno moriva”. Si possono avere progresso e un mondo pulito “semplicemente riformando […] queste cose sono già in corso, ci sono già le auto elettriche, i pannelli […] Basta fare in modo che queste cose proseguano”.

Giorgio Arfaras si dissocia dall’opinione secondo la quale l’attuale livello di produzione e consumo sia insostenibile per gli equilibri del pianeta: “questo catastrofismo non lo condivido”, poiché “adesso è compatibile per l’equilibrio, più avanti secondo me sarà compatibile ugualmente a condizione di trovare le tecnologie giuste”.

In riferimento alla de-materializzazione dei processi produttivi, Arfaras sostiene che non si giungerà in alcun modo all’eliminazione dell’uso di risorse naturali: “[de-materializzare l’economia] riduce il consumo di dotazione naturale, ma non è che viene eliminato. Però il fatto che si riduca non è cosa da poco. Pensi ai giornali […] in .pdf, quanta meno carta viene consumata, quanti meno camion che portano i giornali in giro. Quindi, lei legge il giornale ma utilizza molte meno risorse naturali. […] la de-materializzazione riduce ma non elimina”.

Rispetto alla tesi secondo la quale il problema non sarebbe quanto si produce, ma come e per chi. Non si tratterebbe di negare la crescita, ma di regolarla secondo i bisogni umani e non del profitto, il dott. Arfaras si dice totalmente contrario, definendola piuttosto uno “slogan”: “questa storia del profitto è ossessiva, il profitto è il frutto della fortuna dell’imprenditore se è riuscito a indovinare i prodotti e i servizi giusti per i consumatori: il profitto non è un fine, è un risultato casuale di un imprenditore che ha fortuna”. “L’economia è volta a produrre quelle cose che la gente vuole… dire che ‘voglio l’umanità al primo posto e il profitto no’, non sta in piedi. […] quale sarebbe il fine dell’umanità diverso dal fine del profitto? Chi lo definisce? Chi lo stabilisce cosa vuole l’umanità?”; “Una volta svuotate di retorica, queste cose, dicono poco”.