La lotta al terrorismo deve prevalere sulla privacy informatica

La minaccia terroristica ha portato i governi a dotarsi di strumenti e tecniche necessarie alla sua prevenzione. C’è un ampio dibattito sostenuto da chi appoggia un ampio utilizzo di metodi di intercettazione anche a discapito della privacy e chi, invece, dà la priorità a quest’ultima, considerando il terrorismo un pretesto dei governi per intensificare i controlli su tutta la popolazione.

TESI FAVOREVOLI

TESI CONTRARIE

01 - Il controllo delle comunicazioni tramite intercettazioni è uno strumento pericoloso che limita la privacy di tutti i cittadini

I governi sono tenuti a rivedere il rapporto privacy-sicurezza in un periodo di forte minaccia terroristica. L’Italia deve dotarsi di un sistema più coordinato di intercettazioni. Bisogna selezionare i dati raccolti e concentrarsi solo sulle informazioni rilevanti. A sostegno di questa tesi il giornalista Stefano Rizzato, il presidente I.L.I.I.A. Tommaso Palombo e il procuratore Antonio Marini.

Le pratiche di intercettazione limitano la privacy e sono altamente costose. L’aumento di tali metodi, inoltre, non fornisce risultati certi riguardo la prevenzione del terrorismo, poiché il 90% è costituito da informazioni inutili. Contrari a tali pratiche l’avvocato e giornalista Guido Scorza, il magistrato Tony Piero, lo scrittore Vincenzo Spagnolo e l’ex ministro Filippo Bubbico.

02 - La legge antiterrorismo è necessaria per garantire la sicurezza dei cittadini e prevenire eventuali attacchi terroristici

Il Governo italiano ha confermato la volontà di rafforzare la prevenzione con uno specifico decreto antiterrorismo, con la finalità di aumentare l’uso delle intercettazioni. Angelino Alfano si è espresso a favore, paragonando la lotta al terrorismo a quella alla mafia. A supporto del decreto si erano schierati Matteo Renzi, Andrea Orlando e Filippo Bubbico.

La legge antiterrorismo discussa in Parlamento ha suscitato numerose polemiche, soprattutto sul possibile aumento delle intercettazioni. L’emendamento sulle intercettazioni informatiche preventive è stato successivamente stralciato dal Governo. Contrari alla strategia il giurista Stefano Rodotà, il professore Alberto Gambino, il deputato Stefano Quintarelli e il giornalista Pietro Giunti.

03 - L’estensione delle misure di intercettazione per la prevenzione del terrorismo minaccia il diritto alla riservatezza

Le intercettazioni, sia tradizionali che telematiche, costituiscono il metodo principale per arginare la minaccia del terrorismo. A difesa di questa tesi il ministro Andrea Orlando, il magistrato Giuseppe Amato e i giornalisti Giuseppe Amato e Ilaria Proietti.

Le misure relative alle intercettazioni informatiche sono un pericolo per la privacy dei cittadini. Antonello Soro consiglia cautela per evitare la violazione dei diritti. In particolare a destare preoccupazione è la possibile estensione di tali pratiche a supporti come le chat di consolle di gioco. Della stessa opinione il giornalista Fabrizio Colarieti e l’esperto di comunicazione Paolo Reali.

04 - Lo spyware di Stato per la lotta al terrorismo costituisce una pericolosa violazione dei dati sensibili dei cittadini

Il “Trojan Horse”, è uno strumento installabile su computer, smartphone o tablet, in grado di prendere il controllo e registrare informazioni e dati di sospettati. Questo strumento di intelligence è ritenuto una grande opportunità per combattere il terrorismo. A sostegno i giornalisti Alessandro Farruggia e Donatella Stasio.

Le intercettazioni informatiche sono il “peggior incubo” per la privacy dei cittadini. Il cosiddetto “spyware di Stato” prevede l’utilizzo di avanzati virus spia con il rischio di far generalizzare l’autorizzazione all’utilizzo di software occulti. A sostegno di questa tesi si sono espressi i giornalisti Marco Viviani e Cesare Giuzzi, il deputato Stefano Quintarelli e l’avvocato Paolo Micozzi.